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QUESITO N. 238: Se i beni della Curia possono essere usucapiti.-
Quesito n. 238: Se i beni della Curia possono essere usucapiti.-

Per poter dare una risposta esauriente a tale quesito, è d’uopo operare opportuni e preliminari chiarimenti circa il significato e la portata del termine “ patrimonio ecclesiastico”.-
Con questa espressione, la dottrina canonica suole indicare l'insieme dei beni temporali della Chiesa Universale su cui la stessa fa valere la propria autorità o determinandone la condizione giuridica o assoggettando tali beni a particolari norme di amministrazione o di disposizione.-
Ma i beni della Chiesa sono tutti ecclesiastici?
La risposta è negativa in quanto il diritto canonico riconosce la capacità di essere titolari di beni temporali solo agli enti cui attribuisce lo status di <>( cfr can 1257 § 1), con la conseguenza che i beni temporali delle persone giuridiche private non sono beni ecclesiastici in senso tecnico e sono retti pertanto dai propri statuti.-
Logica conseguenza di questa premessa è che la condizione ecclesiastica di un bene deriva non dalla natura o destinazione dello stesso ma dalla condizione del soggetto che ne è titolare.-
Ne discende, pertanto, che se il bene appartiene ad un privato, nonostante sia adoperato da una certa collettività a fini religiosi, lo stesso comunque non potrà considerarsi ecclesiastico a meno che non venga assoggettato ad uno specifico vincolo di destinazione.-
Un esempio esplicativo può essere fornito dalla situazione concernente le c.d. res sacrae, ovvero quelle destinate al culto divino per mezzo della dedicazione o benedizione liturgica (can 1171).-
In questo caso, a ben vedere, non si parla di esse come beni ecclesiastici per la qualificazione sacrale che rivestono ma, piuttosto, per l’appartenenza ad una persona giuridica pubblica .-
Da ciò consegue che, se la cosa sacra appartiene ad un privato, per diventare bene ecclesiastico, dovrà essere assoggettata ad una deputatio ad cultum, ovvero ad una destinazione al culto che si realizza con un atto rituale dell’autorità ecclesiastica ( consistente o nella consacrazione di cui è ministro competente il vescovo ovvero nella benedizione, proveniente da qualsiasi sacerdote) che richiede, al fine di poter produrre gli effetti civili, anche il consenso espresso o tacito del proprietario a destinare la cosa allo specifico uso religioso.-
Solo a seguito di tale provvedimento, la cosa sacra sarà sottoposta al regime del diritto canonico che prevede l’inutilizzabilità delle res sacrae per usi profani (can. 1171, 1210, 1269) nonché l’impossibilità per il privato cittadino di usucapire il bene ecclesiastico.-
Nasce quindi un vincolo di destinazione che assoggetta i beni ecclesiastici allo stesso regime giuridico dei beni demaniali così come regolati dal Codice Civile.-
E, infatti, tali beni entreranno a far parte del patrimonio pubblico della chiesa e pertanto non potranno essere alienati, commerciati o usucapiti, a meno che non perdano la loro destinazione al culto o per atto dell’autorità ecclesiastica – (autorizzazione dell’Ordinario alla trasformazione dell’oratorio in uso profano (can. 1224) ) - o per fatti e circostanze che rendano impossibile la conservazione della destinazione.-
Dopo aver fatto questa necessaria premessa, occorre a questo punto chiedersi se i beni della Ecclesia possano essere usucapiti o meno.
Sul punto, è d’uopo chiarire che, se il bene fa parte delle cose sacre o delle cose preziose, sulle quali vige u...

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