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QUESITO N. 241: Se il curatore fallimentare può autorizzare la vendita dei beni del fallimento mediante trattativa privata.-
Quesito n. 241: Se il curatore fallimentare può alla vendita dei beni del fallimento mediante trattativa privata.-

Il D.lgs 9 gennaio 2006 n. 5, dopo circa sessanta anni, è intervenuto a modificare l’intera materia fallimentare fino ad oggi ancora regolata dal R.D. 16 marzo 1942 n. 267.-
L’intento della riforma è stato quello di considerare le procedure concorsuali non più in termini sanzionatori e liquidatori, ma come strumenti destinati alla conservazione dell’impresa, ove possibile, e, negli altri casi, procurando alla collettività dei creditori una più consistente garanzia patrimoniale.-
Nel caso in esame, il curatore fallimentare, per velocizzare il procedimento di chiusura di fallimento, vorrebbe effettuare una compravendita a trattativa privata.-
Precedentemente alla riforma del 2006, la giurisprudenza aveva affrontato più volte la problematica, concludendo per la non validità di detta procedura.-
La Corte di Cassazione, infatti, investita della questione, aveva argomentato il rigetto di tale tesi sul vecchio art. 108 l. f., rubricato “modalità di vendita degli immobili”.- La Suprema Corte ha sostenuto che l’art. 108 non consentisse la vendita di un immobile a trattativa privata, ma solo l’alienazione nelle forme della vendita forzata, con o senza incanto, che si concludessero con il decreto di trasferimento del bene, onde sarebbe stata nulla, per contrasto ad una norma imperativa, la vendita a trattativa privata e sarebbe stato, pertanto, illegittimo il provvedimento del giudice delegato che avesse autorizzato una vendita non pienamente corrispondente ad uno dei due tipi, vendita forzata con o senza incanto, espressamente previsti e disciplinati dalla succinta norma. Si leggeva nella sentenza della Suprema Corte: “L’art. 108 l. f., co. 1, prescrive, come norma generale per la vendita, la forma dell’incanto e in via di eccezione quella senza incanto ove il giudice la ritenga più vantaggiosa. Il secondo comma della norma vale a riaffermare l’impossibilità di forme di vendita forzata che prescindono, come avviene nella trattativa privata, della partecipazione del giudice delegato innanzi al quale devono svolgersi” (Cfr Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 2004, n. 3624; in senso conforme Cass. civ. 2510/94; Cass. civ. 11728/98; e, meno recenti, Cass. civ. 5069/83 e 56/79).-
Tutte queste premesse, ora, sono venute meno prima con l’emanazione del Dlg.s 5/06 e poi, successivamente, con il decreto correttivo12 settembre 2007 n. 169.-
La nuova riforma, infatti, ha voluto prevedere schemi procedurali molto più flessibili ed ha ampliato, significativamente, il ruolo e i poteri del curatore fallimentare, relegando quello del tribunale e del giudice delegato a un mero controllo di legittimità sulle scelte effettuate dal curatore.-
Il decreto del 2006 all’art. 94, modificando l’art. 107 del regio decreto n. 267/42, così stabilisce: “le vendite e gli altri atti liquidativi sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive…”.
La nuova disposizione, inoltre, prevede che il curatore sottopone il programma di liquidazione all’approvazione dei creditori, in cui vengono stabilite anche le modalità di vendita dei singoli cespiti.-
La locuzione “procedure competitive”, p...

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