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QUESITO N. 012: Se il proprietario di un appartamento facente parte di un condominio può creare, con o senza il consenso condominiale, un nuovo accesso sul pianerottolo
mune ( a)il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune; b) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune; c) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti ed inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili), se non risulta un titolo contrario.-

Il suddetto articolo sancisce una presunzione di appartenenza del bene a tutti i condomini; purché, però, tale presunzione possa operare occorre che il ben comune sia destinato in modo permanente al servizio del condominio, anche se non può venire utilizzato da tutti i condomini.-



CIRCA I DIRITTI DEI PARTECIPANTI SULLE COSE COMUNI

Ai sensi dell’art. 1118 c.c. il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionato al valore del piano o porzioni di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti. Il diritto d’uso delle parti comuni spetta a tutti i condomini e tale condizione di perfetta parità comporta che tale diritto appartiene anche a tutti quei condomini che, per diverse ragioni, non usano effettivamente una parte comune, il mancato utilizzo in concreto di tale parte non influisce in alcun modo sull’intangibilità del diritto individuale di servirsi della cosa comuni.-

CIRCA L’USO DELLA COSA COMUNE

Ai sensi dell’art. 1102 c.c., rubricato “uso della cosa comune”, ciascun condomino può servirsi della cosa comune purché non né alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Al fine di servirsi di tali beni, il condomino può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per un miglior godimento della cosa.-

Il primo limite consiste, quindi, nel generale rispetto della destinazione data alla parte comune.-

Il secondo limite riguarda, invece, il divieto di usare la cosa comune in modo da impedire, l’equivalente uso da parte di tutti gli altri condomini. Pertanto l’uso deve essere, per modalità, per intensità, e per quantità, tale da garantire a tutti gli altri comproprietari la fruizione del bene secondo il loro diritto (Cass. 27 febbraio 1997 n. 1805; Cass. 3 luglio 2000 n. 8886). La nozione di “equivalente uso non è da intendersi nel senso di uso identico, ma di un uso che consenta agli altri condomini di trarre dal bene comuni , la stessa utilità , anche se con modalità non perfettamente uguali ( Cass. 12 febbraio 1998 n. 1499; Cass. 3 luglio 1999 n 6895).-

Ne consegue, quindi, che il condomino può, rispettando i predetti limiti, servirsi della cosa comune come ritiene opportuno, anche per un fine personale (Cass. 5 dicembre 1997 n. 12344) o per un suo fine particolare, al fine di trarre da tale bene un utilità maggiore e diversa da quella degli altri (Cass. 20 gennaio 1994 n 476).-

L’ art. 1102 c.c. stabilisce che il condomino può apportare alla cosa comune tutte le modifiche che possano essere di vantaggio a lui e alla sua proprietà, purché non alterino la destinazione della cosa e non producano danno agli altri condomini.-



CIRCA IL CONSENSO CONDOMINIALE

Onde poter comprendere quando è indispensabile il consenso condominiale è necessario operare una distinzione tra innovazione e modificazione.-

La Cassazione con varie sentenze ha stabilito che “...

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