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Mediazione: è rilevante l’esecuzione del contratto per le provvigioni dell’agente.-
Mediazione: è rilevante l’esecuzione del contratto per le provvigioni dell’agente.

Per dedurre le provvigioni passive non è sufficiente che il preponente e il terzo cliente concludano l’affare, procurato dall’agente, ma è necessario che il preponente esegua la prestazione prevista contrattualmente e registri il ricavo.
Lo ha stabilito la S.C. sostenendo che ai fini dell’individuazione del periodo di competenza per la deduzione del costo delle provvigioni deve essere considerata la «data di esecuzione del contratto» tra il preponente e il terzo-cliente, la quale fiscalmente è individuata dall’art. 109, comma 2, lett. a)
e b) Tuir: consegna o spedizione per i beni mobili, stipulazione dell’atto per gli immobili o ultimazione per le prestazioni di servizi non potendo, dunque, collegare la nascita del diritto alla provvigione in capo all’agente al diritto del preponente a dedurre il costo della stessa.
Acquisizione ed esigibilità della provvigione. 
La Suprema Corte ha chiarito che mentre prima l’agente acquistava il diritto alla provvigione non nel momento in cui aveva svolto l’attività di promozione del contratto, ma solo quando questo aveva avuto regolare esecuzione, oggi, a seguito dell’evoluzione legislativa, si distingue tra il momento di acquisizione della provvigione e quello di esigibilità della stessa.  L’acquisizione è il momento in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa dalle parti; l’esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione.  Pertanto, alla luce della nuova disciplina giuridica, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto, la quale genera un vero e proprio diritto di credito (anche se ancora non esigibile). Mentre la provvigione sarà esigibile nel momento di esecuzione della prestazione, senza che sia necessario provare il buon fine dell’affare.  Decisione. 
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto, che non sia possibile invocare il collegamento tra la nascita del diritto alla provvigione in capo all’agente e il diritto del preponente a dedurre il costo della provvigione. Ma tale collegamento dovrà essere fatto tra l’esecuzione da parte del preponente e il diritto di dedurne il costo.  Pertanto, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza dei costi di provvigione rileva la data di esecuzione del contratto.

Cass. civ. 29 aprile 2011, n. 9539

Svolgimento del processo
La (...) s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Toscana dep. il 3/10/2005 che aveva, rigettando l'appello dell'Ufficio, confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva rigettato il ricorso della società contribuente in ordine all'avviso di accertamento con cui era stato accertato un maggiore reddito imponibile per errata imputazione di costi relativi al pagamento di provvigioni; la CTR, in particolare, riteneva che la clausola contrattuale che subordinava il pagamento delle provvigioni al totale del pagamento degli affari, rendeva incerto il pagamento, cioè il costo, onde il costo delle provvigioni non poteva essere imputato alla annualità di stipula del contratto, onde andava imputato a quella in cui era stata effettuato il pagamento. La ricorrente pone a base del ricorso tre motivi fondati su violazione e falsa applicazione di norme di diritto, Illustrati con memoria. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l'Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno resistito con controricorso. La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Motivi della decisione
Col primo articolato motivo, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 75 del T.U.I.R. vigente ratione temporis anche in relazione all'art. 1748 C.C.; sostiene, in particolare, che le modifiche apportata alle norme sulla provvigione nei contratti di agenzia col 1999, applicabili, nel caso in esame trattandosi di contratti di durata (irrilevante pertanto la stipulazione anteriore alle modificazioni predette) e, comunque, in virtù dell'efficacia della Direttiva comunitaria n. 653 del 18 dicembre 1986 - seppur tardivamente recepita - che sanciva che il diritto al corrispettivo dell'agente sorgeva con la stipulazione dei contratti col suo intervento anche se la esigibilità era collegata a fatti successivi, onde corretta doveva ritenersi l'imputazione del relativo costo all'anno in conclusione dei contratti. Efficacia del diritto interno della direttiva in tema di agenzia. Nella logica dell'articolato motivo, è di preliminare esame la questione dell'asserita efficacia immediata della direttiva risalente al 1986 poi attuata con la modifica operata con legge 1999 di modifica dell'art. 1748 CC. La preliminarietà va individuata nella circostanza che,ove accolta la tesi del contribuente di efficacia della direttiva ancor prima del recepimento del legislatore Italiano, non si porrebbe neppure quale ipotesi un problema di rapporto tra le due discipline, dovendosi al caso in esame, anche se i contratti risultano stipulati in data anteriore alla recezione, applicare la normativa comunitaria. Al quesito deve però darsi risposta negativa. La Direttiva Europea in materia di agenzia, recepita dal D.Lgs 15 febbraio 1999 n. 65, prevedeva che le leggi nazionali avrebbero potuto disporre che l'agente acquistava il diritto alla provvigione nel momento e nella misura in cui si verificava uno dei casi seguenti: - a) il preponente aveva eseguito l'operazione; - b) il preponente avrebbe dovuto eseguire l'operazione in virtù dell'accordo concluso con il terzo; -c) il terzo aveva eseguito l'operazione (art. 10 n. 1 della Direttiva). La stessa Direttiva aggiungeva che la provvigione si acquisiva al più tardi quando il terzo aveva eseguito la sua parte dell'operazione o avrebbe dovuto eseguirla qualora il preponente avesse eseguito la sua (art. 10 n. 2 della Direttiva). In sostanza la Direttiva lasciava agli Stati membri una facoltà di scelta tra varie ipotesi. Tale questione è stata da tempo risolta in senso negativo dalla giurisprudenza di questa Corte - sulla scorta di quella della Corte di giustizia europea - chiarendo (cfr. Cass. n. 23937/06 Cass. 3762/2004, 22440/2006, 752/2002, 4817/1999, 11571/1997) che le disposizioni di una direttiva comunitaria non attuata hanno efficacia diretta nell'ordinamento dei singoli stati membri - sempre che siano incondizionate e sufficientemente precise e lo stato destinatario sia inadempiente per l'inutile decorso del termine accordato per dare attuazione alla direttiva -limitatamente ai rapporti tra le autorità dello stato inadempiente ed i singoli soggetti privati (cosiddetta efficacia verticale), e non anche nei rapporti interprivati (cosiddetta efficacia orizzontale). Ciò in quanto esclusivamente in tal senso si è pronunciata - sin dalla sentenza 26 febbraio 1986 nella causa n. 152/84 (Marshall/Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority) - la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (vincolante per i Giudici nazionali), la quale non ha affatto superato il principio che le direttive obbligano esclusivamente gli stati alla loro attuazione mediante strumenti normativi interni, talché l'applicazione delle loro disposizioni ai singoli è soltanto l'effetto indiretto 'ielle disposizioni interne che le recepiscono, ma ha - più limitatamente - stabilito che lo. stato non può opporre ai singoli l'inadempimento, da parte sua, degli obblighi impostigli dalla direttiva, per cui risponde, nei loro confronti, dei danni derivanti da tale inadempimento. D'altra parte non potrebbe non osservarsi che le facoltà alternative offerte al legislatore italiano escludevano in radice la determinatezza dei contenuto subordinata ad una ulteriore scelta del legislatore interno. Applicabilità alla fattispecie in esame della nuova normativa. Esclusa la plausibilità della tesi della contribuente circa la vigenza della normativa comunitaria sin dall'epoca della stipulazione dei contratti, la società contribuente invoca comunque l'applicabilità della nuova normativa invocando la natura di rapporto di durata di quello in esame. L'osservazione è condivisibile in quanto se da una parte nel presente caso è incontroversa la circostanza della conclusione dei contratti (che generavano l'obbligo di pagare la provvigione) in data anteriore alla entrata in vigore della predetta legge e comunque nel 1999 (e ciò in conformità alla posizione difensiva della società che ha portato i relativi costi in quell'anno) è altresì incontroverso il non ancora effettuato pagamento della provvigione nel medesimo anno (altrimenti non vi sarebbe alcuna lite),con ciò dimostrandosi la pendenza del rapporto e la suscettibilità ad essere inciso dalla nuova disciplina. Non può prescindersi, pertanto, dall'esame dal rapporto tra normativa previgente e quella adottata con la legge 1999 e ciò in quanto la società contribuente ricollega la nascita del diritto dell'agente alla provvigione, che nascerebbe dalla sola conclusione del contratto(tra agente e terzo) generatore dell'obbligo del preponente di pagare la provvigione al corrispondente e contestuale diritto a portar il relativo costo in diminuzione del reddito a norma del principio stabilito dall'art. 75 del TUIR. Giurisprudenza della Corte sulle modificazioni apportate dal D.Lgs n. 65 del 1999 all’art. 1748 C.C. Nell'interpretazione fornita da questa Corte (Cass. n. 2000/54 67) che si fa propria, si è osservato che nel nostro ordinamento, prima dell'intervento della direttiva comunitaria del 18 dicembre 1986 sugli agenti di commercio indipendenti e delle due leggi italiane di attuazione (decreto legislativo 10 settembre 1991 n. 303; decreto legislativo 15 febbraio 1999 n. 65), l'agente aveva diritto alla provvigione solo per gli affari che avevano avuto regolare esecuzione (art. 1748, primo comma cod. civ.) e per gli affari che non. avevano avuto esecuzione per causa imputabile al preponente (art. 1749 cod. civ.). Se l'affare aveva avuto esecuzione parziale, la provvigione spettava all'agente in proporzione della parte eseguita (art.  748, primo comma, cod. civ.). Si rileva che "In base alla norma, così come era formulata prima dell'attuazione della direttiva, giurisprudenza e dottrina avevano tradizionalmente ritenuto che l'agente acquistava il diritto alla provvigione non nel momento in cui aveva svolto l'attività di promozione del contratto, ma solo quando questo era stato accettato dalle parti e aveva avuto regolare esecuzione, ovvero, come meglio si esprime la normativa collettiva, era andato a buon fine. Promozione del contratto, conclusione del contratto e esecuzione del contratto erano dunque i tre fatti giuridici costitutivi del diritto dell'agente alla provvigione. Prima del verificarsi di questa triplice condizione l'agente non poteva vantare alcun diritto, ma era titolare di una mera aspettativa. Ciò dava luogo a inconvenienti di non poco rilievo. Tra l'altro l'agente, prima del verificarsi del buon fine dell'affare, non poteva disporre della provvigione se non come cessione di un credito futuro; e nel caso di fallimento del preponente non poteva insinuare il suo credito nel passivo del fallimento. La disciplina presentava, inoltre, gravi inconvenienti anche sul piano probatorio. L'onere dell'agente di dimostrare la conclusione e il buon fine degli affari si rivelava difficile e gravoso, specie nel caso in cui il preponente avesse stipulato affari diretti nella zona dell'agente, ovvero non. avesse comunicato all'agente il buon fine degli affari da lui promossi. E, in base a tale facoltà la legge italiana del 15 febbraio 1999 n. 65 di attuazione della Direttiva ha stabilito che per tutti gli affari conclusi durante il contratto l'age...

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