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QUESITO N. 391 : Se il padre può vendere un immobile al figlio.-
Quesito n. 391 : Se il padre può vendere un immobile al figlio.-

Chi è proprietario di un immobile può cederlo a titolo oneroso a chi vuole e quando vuole.
Un genitore, pertanto, può vendere un immobile anche a uno solo dei figli.
Vi sarebbero invece conseguenze molto più consistenti nel caso in cui si trattasse di donazione: l'atto di donazione infatti può essere revocato dal donante (seppure soltanto per alcuni particolari motivi, quali la sopravvenienza di figli e l'ingratitudine o indegnità del donatario), ma soprattutto può essere oggetto di collazione ex art. 737 o contestato dagli altri eredi legittimari del donante (ascendenti, coniuge e figli) che possono intentare un'azione di riduzione nel caso questi ritengano che sia stata lesa la loro quota di eredità legittima ai sensi degli artt. 553 s.s..
Se invece, il genitore cede l'immobile al figlio a titolo oneroso e quest'ultimo corrisponde al padre il prezzo di vendita, nessuno può opporsi né ora né in futuro e non si crea la necessità di ricorrere a particolari forme di tutela.
Inoltre si deve tener presente che secondo le attuali normative di legge (d.l.223/06, diventato legge 248/2006), in un atto di compravendita è obbligatorio indicare precisamente le modalità di pagamento del prezzo di acquisto di un immobile; ciò mette al riparo da qualsiasi contestazione. Nell’ atto di compravendita il figlio acquirente dovrà corrispondere al padre il prezzo e dovrà indicare come lo paga.
Un contratto di compravendita tra padre e figlio è fattibilissimo, anzi, è consigliabile rispetto ad altre soluzioni finalizzate al passaggio di proprietà; infatti, se si tratta di vendita vera e propria, questa non può essere oggetto di collazione e non lede in astratto alcun diritto dei legittimari.
Il discorso è diverso se la vendita simula una donazione, come per esempio se il figlio non pagasse alcunché al padre. In questo caso, infatti, gli altri eredi potrebbero esperire l’azione di riduzione, diretta a reintegrare la quota loro dovuta, in qualità di legittimari, rendendo inefficace la disposizione lesiva (le disposizioni lesive si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota dei legittimari).
A questo proposito, la Cassazione civile (con sentenza 17.05.1956 n. 1679), ha sostenuto che “se, mediante negotium mixtum cum donatione, il de cuius abbia venduto ad un suo discendente un immobile per un prezzo molto inferiore a quello reale, il coerede, che ne è stato acquirente, deve, a norma dell’art. 737 c. c., conferire la parte dell’immobile che il de cuius intese non vendergli, ma donargli, e, ove vi sia stata dispensa da collazione, non può ritenere la donazione se non fino a concorrenza della quota disponibile”. Questo significa che il figlio ricevendo dal padre la proprietà dell’appartamento, nel caso in cui gli corrispondesse una cifra inferiore rispetto a quella equivalente al reale valore dell’immobile, trarrebbe un vantaggio da tale contratto, il quale sarebbe sostanzialmente equiparabile, negli effetti, ad una donazione; tale contratto, pertanto, procurerebbe agli altri eredi una lesione delle rispettive quote di legittima che imporrebbe, al momento dell’apertura della successione, di riconferire nell’asse ereditario la differenza tra il prezzo pagato e il reale valore del bene.
La Corte di Cassazione ha affrontato, in un più ampio e articolato contesto di questioni successorie e processuali, la ricorrente casistica della compravendita tra padre e figlio. A tal proposito, la Corte ha stabilito che l’azione di simulazione attivata da un coerede per dimostrare che la compravendita dissimulava una donazione, valida quanto al requisito della forma, è ammessa senza limiti probatori. In particolare, nella fattispecie...

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