Loading…
La disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo.-
La disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo
SOMMARIO: 1. In generale - 2. La disciplina speciale - 3. La registrazione dei contratti di locazione - 4. La denunzia all’autorità locale di pubblica sicurezza - 5. La tutela dei diritti: il rito speciale delle locazioni, il procedimento per convalida di sfratto, il procedimento ex art.30 legge 392/1978.
1. In generale.
La locazione è il contratto col quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all’altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (art.1571 c.c.); si distingue dal comodato, che è un contratto essenzialmente gratuito (v. art.1833 c.c.), mentre si parla di affitto quando il contratto ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva (art.1615 c.c.).
Tra le regole generali poste dal codice civile c’è quella secondo cui la locazione non può essere stipulata per un tempo eccedente i trenta anni (art.1573 c.c.). Il contratto di locazione per una durata superiore a nove anni è atto eccedente l’ordinaria amministrazione (art.1572 c.c.), richiede la forma scritta a pena di nullità se ha ad oggetto beni immobili (art.1350, n°8, c.c.) ed è soggetto all’obbligo di trascrizione nei registri immobiliari (art.2643, n°8, c.c.). L’obbligo della forma scritta ad substantiam (e della trascrizione) è applicabile solo ai contratti che originariamente prevedano una locazione di durata superiore ai nove anni e non anche nelle ipotesi previste per le locazioni non abitative di cui agli artt. 28 e 29 della legge 392/1978, per le quali il rinnovo alla prima scadenza contrattuale è pur sempre eventuale (C. Cass., Sez. III, 16/2/1998, n°1633, in Giust. Civ. Mass. 1998, 350; conf. C. Cass., Sez. III, 2/6/1993, n°6130).
E’ peraltro utile ricordare che in materia di contratti stipulati dalla P.A. deve ritenersi comunque necessario l’atto scritto ad substantiam (C. Cass., Sez.III, 24/6/2002, n°9165, in Giust. Civ. Mass., 2002, 1081 ().
Ai sensi dell’art.192 T.U. Enti Locali (D. L.gs. 18/8/2000, n°267) la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa, indicante, tra l’altro, il fine che con il contratto si intende perseguire, l’oggetto del contratto, la sua forma, le clausole ritenute essenziali, le modalità di scelta del contraente e le ragioni che ne sono alla base (determinazione a contrattare). Per quanto concerne i contratti stipulati dalle amministrazioni statali, v., in particolare, la disciplina dettata dal R.D. 18/11/1923, n°2440, e succ. mod., e dal R.D. 23/5/1924, n°827, e succ. mod.. V., altresì, il D.P.R. 13/9/2005, n°296, Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato.
Di rilievo la novità introdotta dall’art.1, comma 346, della legge 30/12/2004, n°311 (Legge finanziaria 2005): "I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati". Sul punto, v. infra.
In caso di alienazione dell’immobile locato, il contratto di locazione, se ha data certa anteriore alla alienazione, è opponibile al terzo acquirente (art.1599 c.c.), il quale subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto (art.1602 c.c.; sul punto v. anche art.7 L.392/1978 - in relazione all’art.1603 c.c. e art.1604 c.c. - secondo cui è nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata). Nell’ambito delle procedure di esecuzione forzata, l’art.2923 c.c. dispone che le locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento. Per la nozione di "data certa" v. l’art.2704 c.c.; i contratti di locazione immobiliare, sono soggetti, come vedremo meglio, all’obbligo di registrazione e la registrazione attribuisce ad essi data certa (art.2704 c.c.; art.18 D.P.R. 131/1986). Può anche ricordarsi, per quanto riguarda atti pubblici e scritture private autenticate, che i segretari comunali e provinciali possono rogare tutti i contratti nei quali l’Ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’Ente (art.97, comma 4, lett.c, T.U. Enti Locali) con gli obblighi connessi (v. art.10 D.P.R. 131/1986).
La disciplina generale dettata dal codice civile prevede che le obbligazioni principali del locatore siano quelle: 1) di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) di mantenerla in modo che serva all’uso convenuto; 3) di garantirne il pacifico godimento durante la locazione (art.1575 c.c.).
Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile in buono stato locativo, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (art.1576 c.c.; v. art.1609 c.c.). Quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore. Se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (art.1577 c.c.). ().
Se al momento della consegna l’immobile locato è affetto da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili. Il locatore è anche tenuto a risarcire i danni derivanti da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna (art.1578 c.c.; v. anche artt.1579 e 1580: tutte queste disposizioni si osservano, in quanto compatibili, anche nel caso di vizi sopravvenuti nel corso della locazione: art.1581 c.c.). Il locatore non può compiere sull’immobile innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore (art.1582 c.c.).
Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima. Non è tenuto a garantirlo dalle molestie di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire contro di essi in nome proprio (art.1585 c.c.; v. anche art.1586 c.c. sull’obbligo gravante sul conduttore di dare pronto avviso al locatore, sotto pena di risarcimento dei danni, delle molestie di terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa locata e sull’obbligo del locatore di assumere la lite qualora i terzi agiscano in via giudiziale). ().
Sempre dalla disciplina generale si ricava che obbligazioni principali del conduttore sono quelle: 1) di prendere in consegna l’immobile e di osservare la diligenza ordinaria del bonus pater familias nel servirsene per l’uso determinato nel contratto; 2) di dare il corrispettivo nei termini convenuti (art.1587 c.c.).
Al conduttore, come abbiamo già visto, competono innanzitutto le riparazioni di piccola manutenzione. Al termine della locazione, "il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione" (art.1590 c.c.). ().
Il conduttore risponde (della perdita e) del deterioramento della cosa che avvenga(no) nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile. Il conduttore risponde anche dei danni cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa (art.1588 c.c.). Se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di questo, la responsabilità del conduttore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo (art.1589 c.c.), salvo il diritto di surrogazione dell’assicuratore (art.1916 c.c.).
Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata (C. Cass., Sez.III, 14/5/1998, n°4871, in Giust. Civ. Mass., 1998, 1034: "Nella nozione di miglioramenti rientrano quelle opere che con trasformazioni o sistemazioni diverse apportano all'immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto al bene in cui vanno ad incorporarsi"). Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna. Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si siano verificati senza colpa grave del conduttore (art.1592 c.c.). Per quanto concerne, invece, le addizioni, il conduttore ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse pagando al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento e ne costituiscono miglioramento, si osservano le disposizioni già viste per i miglioramenti (art.1593 c.c.). ().
Il conduttore deve restituire l’immobile nello stesso stato in cui l’ha ricevuto, salvo il deterioramento risultante dall’uso in conformità del contratto (art.1590 c.c.; v. il comma 2 dello stesso articolo: "in mancanza di descrizione – sullo stato della cosa che sia stata fatta dalle parti al momento della consegna – si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione"). Ai sensi degli artt.1576 e 1609 c.c., come abbiamo già visto, le riparazioni di piccola manutenzione sono a carico del conduttore.
Peraltro, l’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del bonus pater familias (art.1587, n°1, c.c.), con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione indipendentemente dall’altro obbligo di restituire al termine del rapporto la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata (art.1590 c.c.), sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art.1587 n°1 c.c. e di agire nei confronti del conduttore inadempiente (C. Cass., Sez.III, 7/3/2001, n°3343, in Giust. Civ. Mass. 2001, 431).

2. La disciplina speciale.
La disciplina delle locazioni che hanno per oggetto immobili urbani varia a seconda che gli stessi siano adibiti ad uso abitativo (nel qual caso dovrà farsi riferimento soprattutto alla legge 9/12/1998, n°431, e succ. mod.) ovvero ad uso diverso da quello di abitazione (legge 27/7/1978, n°392, e succ. mod.). La disciplina delle locazioni a uso diverso dall’abitazione varia a sua volta a seconda della destinazione dell’immobile o meglio dell’attività che in concreto viene svolta nell’immobile locato (attività industriali, commerciali, artigianali, di lavoro autonomo; attività assistenziali, etc.; v. C. Cass., Sez.III, 5/12/1985, n°6101).
Si ha uso diverso da quello di abitazione quando l’immobile dato in locazione viene adibito: ad attività industriali, commerciali e artigianali; ad attività di interesse turistico; ad attività di lavoro autonomo; ad attività alberghiere (art.27 L.392/1978); ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche; a sedi di partiti e sindacati (art.42 L.392/78). Si ha uso diverso da quello di abitazione anche nel caso di contratti di locazione stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (art.42 L.392/1978). ().
Per questo tipo di locazioni, la durata minima del rapporto è stabilita in sei anni (9 anni per le attività alberghiere) e la rinnovazione alla prima scadenza può essere negata dal locatore soltanto nei casi tassativamente stabiliti dall’art.29 L.392/1978 () ().
Per C. Cass., Sez.III, 29/9/1997, n°9545 (in Leggi d’Italia De Agostini P.), la nullità comminata dal comma 4 dell’art.29 cit. alla disdetta del contratto se priva della specificazione dei motivi - previsti dai commi 1 e 2 dello stesso articolo per tutelare non solo il conduttore, ma anche l’interesse generale dell’economia alla stabilità delle locazioni non abitative – è assoluta e perciò rilevabile anche d’ufficio. ().
Per C. Cass.4/5/1993, n°5150 (in Leggi d’Italia), "la comunicazione del diniego della rinnovazione del contratto ai sensi dell'art. 29, lett. b), della legge 27 luglio 1978, n.392, qualora il locatore, trattandosi di una Pubblica Amministrazione o di un ente pubblico (sia esso economico o non economico) o di diritto pubblico, intenda adibire l'immobile all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle sue finalità istituzionali, non può limitarsi ad un generico richiamo dei fini istituzionali dell'ente ma deve specificare, ai sensi del penultimo comma dell'art. 29 citato, la concreta attività da svolgere nell'immobile, perché anche per le locazioni degli immobili della Pubblica Amministrazione il conduttore ed il giudice debbono essere posti in grado di verificare la serietà e l'attuabilità dell'intenzione indicata nonché, in sede contenziosa, di verificare la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del diritto di diniego del rinnovo, oltre che rendere possibile il successivo controllo sull'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, in caso di richiesta di applicazione delle misure sanzionatorie previste dall'art. 31".
Per C. Cass., Sez. III, 11/1/2006, n°257 (in Guida al Diritto n° 13/2006), "L'art.1424 del Cc, sulla conversione dei contratti nulli, si applica, in virtù del richiamo operato dall'art.1324 del Cc, anche ai negozi unilaterali, a condizione che l'atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e che l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Pertanto, il diniego di rinnovazione della locazione ai sensi dell'articolo 29 della legge 392/1978, nullo, perché immotivato, in relazione alla prima scadenza contrattuale, ben può convertirsi in una disdetta semplice o a regime libero, valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile di una manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto".
Il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (di nove anni in nove anni per le attività alberghiere), salvo disdetta (con le limitazioni già dette per la prima scadenza contrattuale) da comunicarsi all’altra parte almeno 12 mesi (18 mesi per le attività alberghiere) prima della scadenza. ().
Ai sensi dell’art.79 legge 392/1978 è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto (nonché a superare i limiti di indicizzazione del canone) e per effetto della regola generale di cui agli artt.1339 e 1419, comma 2, c.c., richiamata, per la parte che qui interessa, anche dall’art.27, comma 4, della legge 392/78, le norme imperative (sulla durata minima del rapporto come sui limiti di indicizzazione del canone, etc.) sostituiscono le clausole difformi eventualmente pattuite tra le parti. Il comma 2 dello stesso art.79 prevede che il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell'immobile locato, possa "ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge".
Secondo C. Cass., Sez.III, 24/11/2004, n°22129 (in Giust. Civ. Mass. 2005, f.1), "la previsione di un termine di durata del contratto superiore a quella minima di legge non esclude l’applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui all’articolo 28 L.392/1978, ancorché la durata del contratto inizialmente pattuita sia uguale o superiore a quella di dodici anni risultante dalla somma della durata minima legale iniziale e da quella minima di rinnovo". D’altra parte, "come si desume dall’articolo 27 della legge n°392 del 1978, che considera inderogabile solo la durata minima dei contratti di locazione, senza porre limiti a quella massima, rientra nell’autonomia negoziale delle parti stabilire un termine di durata superiore a quella legale. Anche in questo caso, tuttavia, il contratto si rinnova per sei anni, essendo tale termine stabilito dalla legge a prescindere dalla durata inizialmente fissata dalle parti. Ne deriva, pertanto, che ove (come nella specie) sia convenuto un termine di nove anni, la durata complessiva del contratto è di quindici anni (nove più sei) salve ulteriori proroghe legali" (in questo senso, C. Cass. Sez.III, 29/10/2004, n°20906).
Risolvendo un contrasto giurisprudenziale C. Cass., SS.UU., 9/7/1997, n°6227, ha ritenuto applicabile ai contratti di locazione stipulati ai sensi dell’art.42 della legge 392/78 l’intera disciplina di cui agli artt.28 e 29 della stessa legge (nonostante la formulazione letterale): "Il comma 2 dell'art. 42 l. n. 392 del 1978, nella parte in cui specificamente richiama il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28 deve essere interpretato nel senso che ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività contemplate al comma 1 stesso art. 42 si applica l'intera disciplina sulla durata del rapporto contenuta nell'art. 28 e, pertanto, anche la normativa sul diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale dettata dall'art. 28, comma 2, e 29 stessa legge" (Giur. it. 1998, 1351); "con riguardo ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività di cui all'art. 42 l. 27 luglio 1978 n. 392, il comma 2 di detto articolo richiamando il preavviso per il rilascio di cui al precedente art. 28 importa l'applicabilità a tali contratti dell'intera disciplina della durata contenuta nel cit. art. 28 e pertanto anche del diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dettata dagli art. 28, comma 2, e 29 della stessa legge" (Giust. civ. 1997, I, 2407).
Per quanto concerne i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione bisogna, però, segnalare C. Cass., Sez.III, n°9614 del 10/9/1999: "Come principio generale va osservato che la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti della stessa p.a. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto. Detto principio va applicato anche in tema di contratto di locazione di immobili urbani, in cui l'ente pubblico sia locatore, sia pure con una precisazione. Si è infatti rilevato che il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una pubblica amministrazione, è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione da parte di questa di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, non trova applicazione allorché la continuazione dell'originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso e perciò in forza della volontà così manifestata di concludere il contratto stesso, con esclusione dell'ipotesi della vera e propria rinnovazione o riconduzione". "Il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una p.a., è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione, da parte di questa, della volontà di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso, da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, comporta l'inapplicabilità alla p.a. anche delle fattispecie legali di rinnovazione tacita dei contratti di locazione previste dalla l. n. 392 del 1978, rimanendo salva, viceversa, la possibilità che la continuazione dell'originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso" (Giust. civ. Mass. 1999, 1940). Per questo indirizzo giurisprudenziale v. anche C. Cass., SS.UU., 28/11/1991, n°12769, e C. Cass., Sez.III, 24/6/2002, n°9165 (in Codici d’Italia): "In materia di contratti stipulati dalla p.a. deve ritenersi necessaria la stipulazione in forma scritta ad substantiam, soddisfacendo così la ratio dell'esigenza di individuare esattamente l'obbligazione assunta ed il contenuto negoziale dell'atto ed agevolando la funzione di controllo e della concreta osservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento; conseguentemente deve escludersi che si possa ipotizzare la possibilità di tacito rinnovo del contratto per facta concludentia".
Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve (dei previsti 6 o 9 anni) qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio (art.27, comma 5; norma ritenuta applicabile anche ai contratti stipulati ex art.42). Per C. Cass., Sez.III, 30/12/1997, n°13133 (in Giust. Civ. Mass. 1997, 2457), l’indagine sulla natura transitoria o meno della locazione deve essere effettuata considerando non soltanto il dato oggettivo della effettiva destinazione dell’immobile e della corrispondenza o meno di essa alla detta natura transitoria, ma anche il dato soggettivo costituito dalle intenzioni, dalla conoscibilità, dall’atteggiamento complessivo dei contraenti in relazione alla convenuta stipulazione locativa.
Può essere pattuita la facoltà per il solo conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione (art.27, comma 7, L.392/1978). Qualora ricorrano gravi motivi, tuttavia, il conduttore, a prescindere dalle previsioni contrattuali, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi (la norma è stata ritenuta applicabile anche ai contratti stipulati ex art.42 da Enti Locali territoriali come conduttori: C. Cass., Sez.III, 22/11/2000, n°15082).
Il conduttore imprenditore che nell’immobile locato svolga attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori (tranne che si tratti di immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici: v. art.35), da un lato, ha diritto a ricevere alla cessazione del rapporto di locazione un’indennità (per perdita di avviamento) commisurata all’ultimo canone corrisposto (la misura è raddoppiata quando l’immobile venga adibito all’esercizio della stessa attività o di attività affini a quelle che vi svolgeva il conduttore uscente) (), e, dall’altro, ha diritto di prelazione sia nel caso che il proprietario intenda vendere l’immobile (art.38, con possibilità di riscatto: art.39), sia nel caso che intenda locarlo a terzi (art.40, con possibilità di riprendere il rapporto contrattuale) (). Tali norme non si applicano ai rapporti di locazione relativi ad immobili destinati all’esercizio di attività professionali o di attività di carattere transitorio: art.35 cit.).
Ai sensi dell’art.39, "Qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui all'articolo precedente, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa".
"Il locatore – recita l’art.40 L.392/1978 - che intende locare a terzi l'immobile, alla scadenza del contratto rinnovato ai sensi dell'articolo 28, deve comunicare le offerte al conduttore, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sessanta giorni prima della scadenza". "Tale obbligo non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare la locazione e nei casi di cessazione del rapporto di locazione dovuti a risoluzione per inadempimento o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto 16/3/1942, n°267, e successive modificazioni, relative al conduttore medesimo". "Il conduttore ha diritto di prelazione se, nelle forme predette ed entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al primo comma, offra condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore". "Egli conserva tale diritto anche nel caso in cui il contratto tra il locatore e il nuovo conduttore sia sciolto entro un anno, ovvero quando il locatore abbia ottenuto il rilascio dell'immobile non intendendo locarlo a terzi, e, viceversa, lo abbia concesso in locazione entro i sei mesi successivi".
In considerazione della vigente normativa in materia di durata delle locazioni e dei limiti alla indicizzazione del canone (), il proprietario che conceda ad altri il godimento di un immobile per un impiego produttivo può avere interesse a far figurare il contratto come affitto di azienda (piuttosto che come locazione).
Va allora detto che, se ai sensi dell’art.2555 c.c. l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, si avrà affitto solo laddove "al momento della stipula del contratto in questione, sussisteva un collegamento funzionale tra i vari beni locati, tale da farli obiettivamente considerare come strumento di attività produttiva, e quindi azienda secondo l’accezione giuridica di tale termine" (Circ. Ministero delle Finanze n°12 del 16/1/1998). Peraltro, per quanto concerne il settore alberghiero l’art.1, comma 9-septies, D.L. 7/2/1985, n°12, conv. in L. 5/4/1985, n°118, stabilisce che "si ha locazione di immobile, e non affitto di azienda, in tutti i casi in cui l’attività alberghiera sia stata iniziata dal conduttore".
Per C. Cass., Sez.III, 2/8/2000, n°10106 (in Giust. Civ. Mass. 2000, 1679), "Il criterio discretivo tra locazione di immobile ad uso non abitativo e affitto d'azienda è fondato, rispettivamente, sulla valenza assorbente ed esclusiva dell'immobile nel primo caso e, viceversa, sulla sua considerazione funzionalmente paritaria e complementare con gli altri beni organizzati per l'azienda, nel secondo caso". Ma "perché sussista il contratto di affitto di azienda non occorre che la stessa sia già in grado di funzionare, essendo sufficiente che i vari elementi dedotti in contratto siano potenzialmente idonei allo svolgimento dell'attività aziendale" (C. Cass., Sez.III, 15/10/2002, n°146647, in Giust. Civ. Mass. 2003, 1803).
Trattasi di locazione ad uso commerciale e non di affitto di azienda "quando il locatore cede in godimento al conduttore i locali ove esercitare l'attività commerciale e non anche i beni strumentali per detto esercizio, giacché se è vero che la titolarità dell'azienda può essere disgiunta dalla proprietà dei beni strumentali destinati al funzionamento della stessa, è, però comunque necessario che di questi beni il titolare possa disporre in base a titolo idoneo che gli consenta di destinarli per sè o per altri all'esercizio dell'azienda medesima" (C. Cass., Sez.III, 6/11/2001, n°13689 in Giust. Civ. Mass. 2001, 1860; "nella specie, la S.C., nell'enunciare il suddetto principio, ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto il rapporto in contestazione come locazione ad uso commerciale e non affitto di azienda, non essendo stata provata dal locatore anche la disponibilità dei beni strumentali per l'esercizio dell'azienda che erano stati, invece, ceduti al conduttore da un terzo").
Per C. Cass., Sez.III, 15/10/2002, n°146647 (in Giust. Civ. Mass. 2002, 1803), "L'accertamento se le parti contraenti abbiano stipulato una locazione di immobile con pertinenze o un affitto di azienda rientra nei compiti del giudice del merito il quale deve indagare sulla comune intenzione delle parti e sui beni dedotti in contratto, al fine di stabilire se l'oggetto principale della stipulazione sia l'immobile singolarmente considerato o un complesso unitario costituito dall'organizzazione aziendale destinata allo svolgimento di un'attività economica. Detto accertamento non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua motivazione".
Secondo C. Cass., Sez.III, 27/6/2002, n°9354 (in Codici d’Italia), la differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto di azienda consiste nel fatto che, "nella prima ipotesi l'immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell'economia del contratto, come l'oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi, i quali (siano essi legati materialmente o meno all'immobile) assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all'immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione. Nell'affitto di azienda, invece, l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l'oggetto del contratto è costituito dall'anzidetto complesso unitario". ().
Peraltro, "nel codice civile tra le norme sulla locazione e quelle sull'affitto, compreso l'affitto di azienda, corre il rapporto tipico tra norme generali e norme speciali, per cui se la fattispecie non è regolata da una norma specificamente prevista per l'affitto dovrà farsi ricorso alla disciplina generale sulla locazione di cose, salva l'incompatibilità con la relativa normazione speciale. Consegue che la violazione da parte dell'affittuario dell'obbligo di restituzione all'affittante dell'azienda per scadenza del termine dà luogo a carico del primo a responsabilità a norma dell'art. 1591 c.c. dettato in tema di locazione, mancando nella disciplina dell'affitto una norma che regoli i danni per ritardata restituzione e non essendo incompatibile con la normazione speciale sull'affitto l'art. 1591 c.c." (in questi termini, C. Cass., Sez.III, 28/1/2002, n°993, in Codici d’Italia).
La disciplina vincolistica stabilita per le locazioni può indurre la P.A. ad utilizzare altro contratto, quale il contratto di comodato, tutte le volte che venga ritenuto opportuno, per ragioni di pubblico interesse, concedere l’uso di un immobile ad un terzo (ad es. una associazione senza fini di lucro) senza soggiacere a vincoli legali di durata.
Il comodato è il contratto "essenzialmente gratuito" col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, "con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta" (art.1803 c.c.).
Il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto. Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi può esigerne la restituzione immediata (art.1809 c.c.).
In ogni caso, ai sensi dell’art.1810 c.c., "se non è stato convenuto un termine, né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede" (c.d. comodato precario).
Per C. Cass., Sez.II, 10/5/2000, n°5987 (in Codici d’Italia), "La figura del comodato precario si caratterizza per la previsione che la scadenza della validità del vincolo dipende potestativamente dalla volontà del comodante, il quale può farla maturare ad nutum mediante richiesta di restituzione del bene. Tale richiesta determina l'immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la posizione di detentore sine titulo e quindi abusivo del bene altrui, salvo che dimostri di poterne disporne in base ad altro rapporto diverso dal precario" ().
"Nel contratto di comodato, caratterizzato dalla temporaneità d'uso, la mancanza di un termine finale direttamente previsto dalle parti non autorizza il comodante a richiedere ad nutum la restituzione della cosa, quando sia possibile ravvisare una indiretta determinazione di durata attraverso la delimitazione dell'uso consentito della cosa, desumibile dalla natura di essa, dalla professione del comodatario, dall'esame degli interessi e dalle utilità perseguite dai contraenti" (C. Cass., Sez.III, 16/4/2003, n°6101, in Codici d’Italia).
Per C. Cass., Sez.III, 4/6/1997, n°4976 (in Giust. Civ. Mass. 1997, 914), il carattere essenzialmente gratuito del comodato "non viene meno per effetto della apposizione di un modus, posto a carico del comodatario, di consistenza tale da non poter integrare le caratteristiche di corrispettivo del godimento della res, come nel caso in cui venga stabilito, in relazione al godimento di un immobile, il versamento di una somma periodica, a carico del beneficiario, a titolo di rimborso spese, la cui entità lasci ragionevolmente escludere la dissimulazione di un sottostante contratto di locazione". ().
Quando è la pubblica amministrazione a concedere in comodato (e quindi senza corrispettivo di un canone) un proprio immobile, trova applicazione l’art.12 della legge 7/8/1990, n°241, secondo cui: "La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi". E l’effettiva osservanza di tali criteri e modalità "deve risultare dai singoli provvedimenti di concessione. ().
Per Consiglio Stato, Adunanza Generale, 28/9/1995, n° 95 (in Cons. Stato 1997, I, 601), "In sede di concessione di ausili finanziari o attribuzione di vantaggi a persone od enti pubblici e privati - ai sensi dell'art. 12 l. 7 agosto 1990 n. 241 - la predeterminazione dei criteri e delle modalità ad essi correlati (nonché il loro rispetto) da parte delle amministrazioni è rivolta alla trasparenza dell'azione amministrativa e si atteggia a principio generale in forza del quale l'attività di erogazione dell'amministrazione deve in ogni caso rispondere a referenti oggettivi, e quindi definiti precedentemente al singolo provvedimento, nonché pubblici" ().
Bisogna, peraltro, ricordare che i beni degli enti pubblici territoriali, si distinguono in beni demaniali (artt.822 e 824 c.c., nonché art.53 D.Lgs. 22/1/2004, n°42), che non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (art.823 c.c.); beni del patrimonio indisponibile (art.826 c.c.), soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non sia diversamente disposto, alle comuni regole cui vanno soggetti tutti i beni (art.828 c.c.: essi non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano); e beni del patrimonio disponibile, soggetti alle regole comuni.
Orbene, i beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile possono essere attribuiti alla disponibilità di soggetti terzi attraverso lo strumento della concessione amministrativa, atto unilaterale della pubblica amministrazione sempre revocabile per ragioni di interesse pubblico. All’atto di concessione può accedere una convenzione attuativa: c.d. concessione-contratto (che può assumere le vesti di un contratto o di un capitolato o anche di un disciplinare che instaura il rapporto pattizio con obblighi e diritti per entrambe le parti), intimamente connessa all’atto amministrativo di concessione, nel senso che l’annullamento o revoca della concessione amministrativa travolge la convenzione, sì che la permanenza del rapporto contrattuale è condizionata dalla vigenza del provvedimento concessorio. ().
Per C. Cass., SS.UU., 13/11/1997, n°11219 (in Giust. Civ. Mass. 1997, 2156), il bene destinato a pubblico servizio non può essere trasferito alla disponibilità di un soggetto privato a mezzo di un contratto di locazione, bensì a mezzo di concessione amministrativa (), con la conseguenza che tutte le controversie relative a tale rapporto di concessione appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 ().
La disponibilità dei beni demaniali e similmente quella dei beni patrimoniali indisponibili, attesa la loro destinazione diretta alla realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuita ad un soggetto diverso dall’ente titolare del bene, entro certi limiti e per alcune utilità, solo mediante concessione amministrativa: C. Cass., Sez.III, 26/4/2000, n°5346. () ().
Secondo C. Cass., Sez.III, 3/9/1998, n°8768 (in Giust. Civ. Mass. 1998. 1849), un rapporto "deve essere qualificato come concessorio in tutte le ipotesi in cui, anche se in forza di contratti di affitto, l’oggetto consiste nel godimento individuale, da parte di un soggetto privato, di un bene pubblico. Attesa la natura di beni patrimoniali indisponibili dei locali destinati a mattatoio comunale è giocoforza concludere che tra le parti esiste un rapporto di concessione amministrativa, tenuto presente che la concessione al privato, del godimento di beni del patrimonio indisponibile di enti territoriali integra, in ogni caso, una concessione amministrativa". E "al fine della qualificazione della natura dell'atto stipulato, si rivelano - fra l'altro - irrilevanti - di per sè - sia l'eventuale denominazione meramente privatistica data all'atto stipulato, sia l'eventualmente comune difforme rappresentazione della natura dell'atto coltivata dalle parti".
Circa la disciplina delle locazioni immobiliari non abitative sì come dettata dalle legge 392 del 1978 può ancora ricordarsi la disposizione contenuta nell’art.36, ai sensi del quale "Il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte". () ().
3. La registrazione dei contratti di locazione.
I contratti di locazione di immobili nel territorio nazionale sono soggetti (oltre che all’imposta di bollo) all’obbligo di registrazione con aliquota proporzionale pari al 2% del corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto; in ogni caso l’ammontare dell’imposta di registro non può essere inferiore a Euro 67,00 (così l’art.5, Parte I, Tariffa allegata al D.P.R. 26/4/1986, n°131, e succ. mod.). Per le locazioni che, invece, sono soggette all’IVA (v., comunque, anche l’art.10 D.P.R. 26/10/1972, n°633), la registrazione è dovuta solo in caso d’uso e si applica l’imposta fissa di registro pari a Euro 168,00. ().
Abbiamo già visto che ai sensi dell’art.1, comma 346, della legge 30/12/2004, n°311 (Legge finanziaria 2005), "I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati".
Il Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (D.P.R. 26/4/1986, n°131) distingue tra "registrazione in termine fisso", cui sono soggetti gli atti indicati nella Parte I della Tariffa allegata allo stesso T.U., e "registrazione in caso d’uso", cui sono soggetti gli atti indicati nella Parte II della Tariffa anch’essa allegata al T.U., mentre altra Tabella indica gli atti "per i quali non vi è obbligo di chiedere la registrazione".
La registrazione degli atti che vi sono soggetti "in termine fisso" deve essere richiesta, ordinariamente, entro venti giorni dalla data dell’atto (art.13 D.P.R. cit.), ma per le locazioni il termine è di trenta giorni (v. infra).
Obbligati a richiedere la registrazione sono, per quanto qui interessa: a) le parti contraenti per le scritture private non autenticate e per i contratti verbali; b) i notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari o delegati della pubblica amministrazione e gli altri pubblici ufficiali per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati (v. art.10 D.P.R. cit.).
Si ha, invece, "caso d’uso" quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli Enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di una obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento (art.6 D.P.R. cit.).
Ai sensi dell’art.8 L.392/1978, gli oneri di registrazione sono per metà a carico del locatore e per metà a carico del conduttore. La parte che ha provveduto al pagamento dell’imposta di registro può rivalersi nei confronti dell’altra parte di quanto a carico della medesima.
L’art.17 D.P.R. 131/1986, da ultimo modificato dall’art.68 della legge 21/11/2000, n°342, stabilisce:
"1. L'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti ed assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo presso uno dei soggetti incaricati della riscossione, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237.
2. L'attestato di versamento relativo alle cessioni, alle risoluzioni e alle proroghe deve essere presentato all'ufficio del registro presso cui è stato registrato il contratto entro venti giorni dal pagamento.
3. Per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale l'imposta può essere assolta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ovvero annualmente sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. In caso di risoluzione anticipata del contratto il contribuente che ha corrisposto l'imposta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto ha diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive a quella in corso. L'imposta relativa alle annualità successive alla prima, anche conseguenti a proroghe del contratto comunque disposte, deve essere versata con le modalità di cui al comma 1.".
Va qui ricordato che "per i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani di durata pluriennale, l’imposta, se corrisposta per l’intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità" (art.5, Parte I, Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986), e che gli aggiornamenti e gli adeguamenti del canone non hanno effetto per i contratti pluriennali per la registrazione dei quali sia stata versata l’imposta commisurata all’intera durata del contratto (art.35, comma 2, D.P.R. 131/1986; Circ. Min. Finanze 16/1/1998, n°12: in tal caso si terrà conto degli aggiornamenti e adeguamenti del canone ai soli fini della determinazione della base imponibile ove il contratto venga prorogato).
Nei contratti in cui è parte lo Stato è obbligata al pagamento dell’imposta di registro solo l’altra parte contraente a meno che non si tratti di imposta dovuta per atti presentati volontariamente dalle Amministrazioni dello Stato (art.57, comma 7, D.P.R. 131/1986).
Le parti contraenti sono solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta (art.57 D.P.R. 131/1986) e i patti contrari alle disposizioni del D.P.R. 131/1986, compresi quelli che pongono l'imposta e le eventuali sanzioni a carico della parte inadempiente, sono nulli anche fra le parti (art.62 D.P.R. 131/1986).
Chi omette la richiesta di registrazione degli atti è soggetto alla sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta (art.69 D.P.R. 131/1986). Se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, si applica la sanzione amministrativa dal duecento al quattrocento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato (art.72 D.P.R. 131/1986). Sulle sanzioni in materia di imposta di registro vedasi anche la Circolare del Ministero delle Finanze 19/11/1998, n°267/F.
Il deposito cauzionale (v. art.11 L.392/1978, applicabile alle locazioni di che trattasi per espresso richiamo operato dall’art.41 della stessa legge), non sussistendo vincolo di interdipendenza col contratto di locazione, è soggetto all’imposta di registro per una aliquota pari allo 0,50% (art.6, Parte I, Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986, il quale, infatti, all’art.21 precisa che "Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto") solo nel caso che la garanzia sia prestata da un terzo (estraneo al contratto), mentre se la garanzia è a carico del conduttore nessuna imposta è dovuta sull’ammontare del deposito stesso: cfr. Agenzia delle Entrate, risoluzione n°151/E del 22/5/2002.
Per quanto concerne le modalità di pagamento dell’imposta si deve segnalare che dal 2002 i contratti possono registrarsi on line: v. D.P.R. 5/10/2001, n°404 (in G.U. n°267 del 16/11/2001) e Provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate del 12/12/2001 (in G.U. n°295 del 20/12/2001), del 2/7/2002 (in G.U. n°171 del 23/7/2002) e dell’8/2/2005 (in G.U. n°37 del 15/2/2005).
4. La denunzia all’autorità locale di pubblica sicurezza.
Ai sensi del D.L. 21/3/1978, n°59, conv. in L. 18/5/1978, n°191, "Chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato" ().
La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento (ai fini dell'osservanza dei termini vale la data della ricevuta postale) e chi contravviene è soggetto alla sanzione amministrativa – applicata dal Sindaco - da Euro 103,00 a Euro 1549,00, facendosi in tal caso applicazione delle norme relative all’introduzione dell’Euro che in materia di conversione in Euro degli importi delle sanzioni amministrative in Lire prevedono la doppia regola dell’arrotondamento e del troncamento (v. art.51 D. Lgs. 24/6/1998, n°213, nonché circolare del Ministero dell’Interno 29/11/2001, n°82).
La legge 30/12/2004, n°311 (Legge finanziaria 2005), è intervenuta anche in questa materia. Ai sensi dell’art.1, commi 344 "Il modello per la comunicazione di cui all’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’interno e della Agenzia delle entrate, è reso disponibile gratuitamente, in modalità telematica, dalla predetta Agenzia; la comunicazione è effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, nonchè degli uffici dell’Agenzia delle entrate, con la compilazione in formato elettronico del relativo modello e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L’Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell’interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero. La presentazione per la registrazione degli atti di cessione di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 tiene luogo della comunicazione di cui al medesimo articolo 12".
Con decreto-legge 14/3/2005, n°35 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14/5/2005, n°80), si è stabilito che tale disposizione (e quella di cui al comma 345 dello stesso art.1 legge finanziaria) si applicherà (non già dal 1/1/2005, bensì) dalla data che sarà indicata nel decreto di approvazione del nuovo modello telematico.
Per C. Cass., Sez.I, 23/4/1991, n°4405 (in Leggi d’Italia), "la disposizione dell'art. 12 della legge 18 maggio 1978, n°191 (di conversione del D.L. 21 marzo 1978, n° 59) che impone l'obbligo di comunicazione per tutte le cessioni dell'uso esclusivo di un fabbricato per la durata superiore ad un mese, qualunque siano le caratteristiche dei soggetti beneficiari di detto uso, ancorché introdotta come misura di lotta contro il terrorismo, non richiede il pericolo per la sicurezza pubblica quale elemento della fattispecie illecita configurata dalla disposizione medesima, onde resta priva di rilievo la circostanza che tale pericolo non possa determinarsi nella situazione concreta (nella specie, sancendo tale principio, la Corte di Cassazione ha confe...

... continua
La versione completa è consultabile sul sito mediante registrazione