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Se è configurabile e quale disciplina si applica al contratto di comodato immobiliare che prevede che la restituzione dell’immobile avvenga “nel caso che il comodante ne abbia necessità”.-
Comodato atipico, ammissibilità, precisazioni, conseguenza
Cassazione civile , sez. III, sentenza 12.03.2008 n° 6678
Comodato atipico – ammissibilità – precisazioni – conseguenza [artt. 1809-1810-1322 c.c.]
Quando in un contratto di comodato immobiliare le parti prevedono che la restituzione dell'immobile da parte del comodante debba avvenire nel caso che il comodante ne abbia necessità, il contratto si connota come una figura atipica, che non è riconducibile né al modello legale del comodato a termine, né a quello del comodato senza limitazione di durata. In tal caso il comodato è, invece, da intendere convenuto senza determinazione di tempo, ma con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile - nel senso indicato nella relazione e nella motivazione della presente - che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata.
(Fonte:  HYPERLINK "http://www.massimario.it/" Altalex Massimario 13/2008)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 18 dicembre 2007 – 12 marzo 2008, n. 6678
(Presidente Vittoria – Relatore Frasca)
Ritenuto in fatto
1. C. S. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su un unico complesso motivo, contro W. S., C. C., R. C. e S. C. nella qualità di eredi di R. C., avverso la sentenza del 22 marzo 2006, con la quale la Corte d'Appello di Roma ha rigettato l'appello (principale da lui proposto avverso la sentenza di primo grado - con cui il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda di condanna del de cuius al rilascio di un terreno e di un locale detenuti in comodato - ed ha, inoltre, parzialmente accolto l'appello incidentale dei detti eredi in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, confermando, invece, la statuizione di rigetto della domanda di risarcimento danni.
p. 2. Al ricorso hanno resistito gli intimati con controricorso, nel quale hanno svolto un motivo di ricorso incidentale.
Essendo i ricorsi soggetti alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal d.lgs. n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del d.lgs. art. 27, comma 2 di tale d.lgs.), è stata predisposta relazione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. e di essa è stata data rituale notificazione alle parti e comunicazione al Pubblico Ministero presso la Corte.
Le parti, a seguito della notificazione della relazione hanno depositato memoria.
Considerato in diritto
1. Preliminarmente il ricorso incidentale, in quanto proposto nell'ambito del principale, va riunito a quest'ultimo.
2. La relazione redatta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. ha il seguente tenore:
«3. - Il ricorso principale propone il seguente motivo: violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di comodato e in particolare: violazione e falsa applicazione degli artt. 1809 e 1810 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di autonomia contrattuale e di efficacia dei contratti, di interpretazione e di conservazione degli atti giuridici e in particolare: violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1362, 1367 e 1372 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5 c.p.c.).
Il motivo è illustrato assumendosi che la Corte d'Appello avrebbe erroneamente interpretato la clausola dell'accordo di conciliazione nell'ambito del quale era stato convenuto il comodato, nella quale si era convenuto che "il C. consente che il terreno e la parte residua del locale scantinato di circa mq. 50 che attualmente detiene come comodato restino nella sua disponibilità, del Sig. Cosmo S., fino a richiesta formale del Sig. C. R. nel caso ne abbia necessità". L'erronea interpretazione sarebbe stata compiuta dal giudice di merito in quanto quel giudice avrebbe ritenuto che, nonostante il tenore di detta clausola, le parti avessero inteso dare vita ad un comodato precario, come sarebbe stato rivelato dalla non predisposizione di un termine. Sulla base di tale interpretazione è stata disattesa l'eccezione di infondatezza dell'azione di rilascio, prospettata dalla S. per non essere stata detta azione esercitata con l'allegazione di una necessità giustificativa della relativa pretesa e per essere stata essa invece esercitata a seguito di un atto stragiudiziale di esternazione dell'interesse e della mera intenzione di tornare nella detenzione esclusiva dei beni.
Il motivo si conclude con tre quesiti di diritto proposti in via principale e con altri cinque prospettati in via di subordinazione logica.
I quesiti proposti in principalità chiedono alla Corte, in funzione della cassazione della sentenza, di accertare se il contratto di comodato nel quale sia pattuito l'obbligo di restituzione in presenza di una necessità del comodante (e, quindi, quello oggetto di lite) debba qualificarsi come comodato a tempo determinato e precisamente con termine di scadenza certus an incertus quando e, quindi, non come comodato precario, con conseguente applicabilità dell'art. 1809, secondo comma, c.c..
I quesiti proposti subordinatamente prospettano, invece, una qualificazione della detta specie di comodato (e, quindi, di quello oggetto di lite) come precario e chiedono di accertare che la clausola concernente la restituzione in presenza di una necessità, da considerarsi espressione dell'autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c., esclude il recesso ad nutum, esige che il comodante che chieda il rilascio dimostri lo stato di necessità, ed imponga, quindi, il rigetto della domanda di rilascio che non deduca la necessità.
3.1. Il motivo è fondato nella prospettazione che esprime conclusivamente i quesiti subordinati.
Fermo che, contrariamente a quanto eccepiscono i resistenti, il motivo non chiede alla Corte di procedere ad un accertamento di fatto sul modo di essere della clausola contrattuale, ma solo di giudicare come essa - sul cui tenore letterale non v'è contrasto - vada sussunta nell'ambito della disciplina del comodato, e, dunque, si connota, al di là della invocazione anche del n. 5 dell'art. 360, esclusivamente alla stregua del n. 3 dell'art. 360, si rileva che la clausola convenzionale, con cui si preveda la restituzione al comodante sulla base della indicazione di una necessità di riavere l'immobile connota il comodato come una figura atipica, che non è riconducibile né al modello legale del comodato a termine, né a quello del comodato senza limitazione di durata, quali espressi rispettivamente nelle norme dell'art. 1809 e 1810 c.c.. In presenza di una simile clausola il comodato non è a termine, per la ragione che la verificazione della necessità che il comodante può addurre come motivo di rilascio (e che può essere della più varia specie, con il solo limite che deve trattarsi di un bisogno di riavere la disponibilità dell'immobile per goderne in uno dei modi consentiti dal titolo di godimento che su di esso si ha, il che significa che si può chiedere la restituzione perché, ad esempio, si vuole vendere) è evento incertus an. Il comodato è, invece, senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege può discendere dall'applicazione dell'art. 1811 e salvo che un termine non risulti altrimenti in relazione all'uso pattuito), ma le parti hanno convenuto, ai sensi dell'art. 1322 c.c., che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e dimostrata, in caso di contestazione.
Ne discende che erroneamente ed in violazione della volontà contrattuale espressione di libera autonomia la Corte territoriale ha ritenuto che la clausola de qua fosse nella specie inidonea a dar luogo ad un tertium genus rispetto alle figure tipizzate dagli artt. 1809 e 1810 c.c. e che fosse inidonea ad escludere la recedibilità del comodante ad nutum.
La sentenza impugnata dev'essere, dunque, cassata e, poiché la decisione della controversia, essendo pacifico che l'azione è stata esercitata senza allegazione di una necessità, non necessita di ulteriori accertamenti, ricorrono le condizioni per la decisione nel merito con una pronuncia che rigetti la domanda di rilascio, che, evidentemente i comodanti potrann...

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