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QUESITO N. 344 - Se il venditore di un immobile privo del certificato di agibilità, costruito su lotto facente parte di un piano di lottizzazione e accompagnato da una Convenzione, è responsabile nei confronti dell’acquirente, per la vendita avvenuta in
Quesito n. 344: Se il venditore di un immobile privo del certificato di agibilità, costruito su lotto facente parte di un piano di lottizzazione e accompagnato da una Convenzione, è responsabile nei confronti dell’acquirente, per la vendita avvenuta in assenza di tale requisito.-

Una corretta disamina della tematica in oggetto impone di prendere la mosse dalla trattazione degli obblighi che il legislatore impone, in capo al venditore, qualora decida di addivenire alla vendita di un bene.-
Difatti, ai sensi dell’art. 1476, n. 3 del c.c., tra le obbligazioni principali in capo al venditore, la legge individua “quella di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa”.-
Più specificamente l’art. 1490 c.c. precisa che “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”. Dal tenore letterale della norma emerge chiaramente che i vizi devono essere di tale natura da rendere la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata, o da diminuire in modo apprezzabile il valore. Tra le due ipotesi previste dall’art. 1490 c.c. vi è una netta distinzione: la prima si riferisce a difetti strutturali, mentre la seconda comprende quelle deficienze che rendono la cosa soltanto meno idonea all’uso cui è destinata. I vizi, inoltre, devono essere occulti; in caso contrario, ai sensi dell’art. 1491 c.c., qualora al momento della conclusione del contratto il compratore avesse conosciuto i vizi oppure se i vizi fossero stati facilmente riconoscibili, la garanzia non è dovuta. In terzo luogo, secondo la dottrina prevalente, deve trattarsi di vizi materiali della cosa, perché i vizi relativi alla condizione giuridica rientrano nella disciplina dell’evizione. I vizi, infine, devono essere preesistenti alla vendita o quantomeno devono derivare da preesistenti cause. Oltre all’esclusione legale prevista dall’art. 1491 c.c. in relazione ai vizi non occulti della cosa, è ammessa, anche in tema di vizi, una esclusione convenzionale della garanzia, ex art. 1490, comma II, c.c., che pone un solo limite: che il venditore abbia in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.-
Altro obbligo indicato dal legislatore all’art. 1477, comma 3 del c.c., che incombe sul venditore è quello di “consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta”.-
Nel novero dei documenti indicati dal legislatore rientra anche il certificato di agibilità. L’importanza di tale ultimo documento è testimoniata da varie pronunzie della Cassazione dirette ad affermare un principio di fondamentale importanza: i giudici di legittimità confermano, con vigore, che, in ordine alle vendite immobiliari di unità destinate all’abitazione, quando non vi sono patti contrari, il venditore ha sia l’obbligo di dotare il bene del certificato di agibilità, senza il quale il bene venduto non è idoneo a realizzare la funzione economico-sociale, nonché quello di consegnare il relativo documento al compratore. (cfr. Cass. 22.04.06, n. 9253).-
Con riferimento al caso di specie è necessario, a questo punto, precisare che i vizi della cosa vanno, però, distinti dall’ipotesi della vendita di aliud pro alio.-
La distinzione è di notevole importanza, dato che in caso di consegna di cosa diversa non si applica la normativa sui vizi o sulla mancanza di qualità, ma quella sull’azione generale di risoluzione; in particolar modo l’azione non è soggetta ai brevi termini di prescrizione e di decadenza ex art. 1495 c.c., ma alla prescrizione decennale, in base a quanto disposto dall’art. 2946 c.c.  Teoricamente, la differenza non presenta dubbi: parlare di una cosa che presenta vizi non equivale a parlare di una cosa di genere diverso rispetto a quella pattuita; sul piano pratico, invece, è meno facile accertare quando una cosa possa definirsi viziata ovvero diversa da quella oggetto del contratto.-
La Cassazione, al fine di dirimere questo problema, ha fatto ricorso al concetto di funzione (Cfr. Cassazione del 29.01.83, n. n.829), affermando che si ha consegna di aliud pro alio non solo quando la cosa appartenga ad un genere del tutto dissimile da quello pattuito, ma anche quando difetti delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale oppure a quella specifica funzione che le parti abbiano assunto quale essenziale.-
La precisazione fatta dinanzi è di tutta evidenza alla luce proprio di un costante orientamento giurisprudenziale, che fa rientrare nel genus “aliud pro alio” proprio l’ipotesi di compravendita di un immobile di nuova costruzione privo del prescritto certificato di abitabilità. E’ prevalsa, soprattutto in giurisprudenza, la tesi per cui l’oggetto di tale contratto non sarebbe affetto da vizi o privo delle qualità essenziali, ovvero gravato da oneri che ne diminuiscano il libero godimento ai sensi dell’art. 1489 c.c., ma di un bene diverso (vale a dire di aliud pro alio) con la conseguente possibilità per l’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c.-
Preliminarmente deve escludersi che il contratto di compravendita concluso in assenza della certificazione prescritta sia affetto da invalidità sub specie di nullità, ovvero vizio genetico.-
Sotto il profilo della liceità e possibilità dell’oggetto del negozio, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che il godimento concreto della cosa, di fatto, possa regolarmente instaurarsi, sia pure con le difficoltà ed i disagi del caso.-
Soltanto qualora alla mancanza dell’abitabilità si accompagni in concreto un impedimento assoluto del godimento il contratto potrebbe qualificarsi nullo per impossibilità dell’oggetto, non potendosi escludersi che l’immobile privo di certificazione possa essere di fatto comunque oggetto della valida costituzione di un rapporto giuridico.-
La carenza dell’abitabilità, pertanto, incide nel rapporto sotto forma di vizio funzionale della causa.
Da ciò discende pianamente che la comune volontà delle parti di compravendere in assenza del documento sia pienamente valida ed ammissibile e non possa darsi inadempimento opponibile ex art. 1460 c.c., salva l’esistenza di un “impedimento assoluto”, che, come sopra accennato, sposterebbe i termini della fattispecie.-
E’ evidente che la volontà delle parti dovrà comunque essere nel caso concreto di volta in volta attentamente valutata.-
Ed infatti, la Suprema Corte ha ripetutamente affermato che “la sola conoscenza da parte del compratore del mancato rilascio della licenza di abitabilità al momento della stipulazione di un contratto di compravendita di un immobile destinato ad abitazione, non accompagnato da una rinuncia da parte dello stesso al requisito, soddisfatto solo dal rilascio della relativa licenza o dalla di lui volontà di esonerare comunque il venditore dal relativo obbligo, non vale ad escludere l’inadempimento del venditore…” .-
Da quanto detto emerge che, con riferimento al caso di specie, la mancata consegna della certificazione di cui trattasi, configurando un’ipotesi di aliud pro alio, determina inadempimento contrattuale che può dare luogo alla risoluzione del negozio o porsi, più spesso e più limitatamente, come fonte di obbligazione risarcitoria per il fatto stesso di essere stato oggetto di consegna un immobile privo dei titoli previsti dalla legge.-
In merito al certificato di agibilità, si ricorda che è opinione condivisa e confermata dal tenore letterale del D.P.R. 380 del 2001, Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, che il concetto di agibilità fa riferimento non solo alle condizioni di igiene, di sicurezza e salubrità, ma anche alla sussistenza delle condizioni del risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate alla stregua di ciò che dispone la normativa vigente. Gli interventi effettuati sull’immobile che comportano la richiesta del certificato, sono non solo le nuove costruzioni, così come appare sicuramente ovvio, ma anche le ricostruzioni o sopraelevazioni, siano esse totali o parziali; gli interventi su edifici già esistenti che possano però andare ad influire sulle condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità, sul risparmio energetico degli edifici stessi e degli impianti.-
La legge fa ricadere l’onere della richiesta in capo al soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire o di colui che ha presentato la denuncia di inizio attività, e dei suoi successori o aventi causa, entro quindici giorni “dall’ultimazione dei lavori di finitura”.-
Per la procedura della richiesta e del rilascio è espressamente previsto che la domanda venga presentata allo Sportello Unico che provvederà ad inoltrarla al catasto, corredata dalla richiesta di accatastamento, che deve essere sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato; dalla dichiarazione di conformità dell’edificio rispetto al progetto approvato, nonché, di ciò che attiene alla prosciugatura delle mura ed alla salubrità dei locali, oltre che dalle certificazioni che attestano la conformità degli impianti istallati negli edifici adibiti ad uso civile e i certificati di collaudo attinenti agli impianti stessi.-
La mancata presentazione di tale richiesta, viene sanzionata in via amministrativa, con un importo da ¬ 77,00 ad ¬ 464,00.-
Da questo momento in poi, ha inizio l iter amministrativo. Entro dieci giorni dalla ricezione della domanda, lo Sportello Unico comunica al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento, ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 241/1990.-
Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda, il dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, previa una eventuale ispezione dell’ufficio, è tenuto a verificare la completezza e la regolarità della documentazione prescritta, oltre alla sussistenza del certificato di collaudo di cui all’art. 53 del Testo Unico edilizia; del certificato dell’ufficio tecnico regionale per gli edifici costruiti in zone sismiche; delle dichiarazioni di conformità alla normativa in tema di superamento delle barriere architettoniche.-
Dopo di che, deve avvenire il rilascio.-
Il termine di trenta giorni, può essere interrotto dalla pubblica amministrazione per una sola volta, ed entro quindici giorni dal ricevimento della domanda e solamente al fine di richiedere documentazione integrativa, qualora risultasse mancante ai fini dell’istruttoria e non possa essere acquisita autonomamente. Dunque, da tale interruzione, il termine di trenta giorni comincia nuovamente a decorrere a partire dal deposito della documentazione integrativa richiesta. Trascorso tale termine senza alcuna pronuncia, si forma sulla questione il silenzio assenso, purchè sia intervenuto il parere dell’Azienda Sanitaria Locale dichiarante la conformità delle opere alle prescrizioni igienico-sanitarie e a condizione che la documentazione sia tutta quella necessaria, oltre che regolare.-
Al contrario, qualora venga accertata l’illegittimità del permesso di costruire, si determina l’invalidità dell’agibilità dell’immobile. (Cfr art. 24,25,26 D.P.R. 380/01).-
Premesso che la validità della convenzione è ...

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