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La responsabilità in ordine alla vendita di immobili privi di certificato di abitabilità e le azioni esperibili.-
La responsabilità in ordine alla vendita di immobili privi di certificato di abitabilità e le azioni esperibili.-


Problema di non facile soluzione è la responsabilità in ordine alla vendita di edifici privi di certificato di abitabilità, nulla disponendo al riguardo la l. n. 47/1985. Anche in relazione a tale questione sono state proposte svariate soluzioni, che ricalcano, nella sostanza, quelle riferite più sopra. In via interpretativa, è stato affermato che “nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto poiché vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità. Pertanto, il mancato rilascio della licenza di abitabilità integra inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene”. Ciò, a meno che il compratore non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza.-
Si è ancora affermato che la vendita (obbligatoria o ad effetti reali) di un immobile strutturalmente destinato ad uso di abitazione, ma privo di licenza di abitabilità, non ha un oggetto illecito, in quanto non esiste alcuna norma che contempli l’obbligo del preventivo rilascio del certificato in questione. Detta vendita, pertanto, non è nulla bensì può essere risolubile per mancanza di una qualità essenziale tale da costituire consegna di aliud pro alio, ove risultino specifiche pattuizioni, anche implicite, delle parti contraenti in ordine all’assunzione del relativo obbligo del venditore (o anche soltanto in ordine al termine del relativo adempimento).- Se ne desume che, per la Suprema Corte, “il requisito della idoneità del bene venduto ad essere abitato, e quindi della sua conformità alle prescrizioni poste dall’autorità comunale per il rilascio del permesso di abitabilità”, dovrebbe ritenersi “implicito” e, quindi, sotteso alla volontà delle parti trasfusa nel regolamento contrattuale. Di qui, l’operare di un implicito obbligo per il venditore di attivarsi al fine di ottenere dalle competenti autorità la licenza di abitabilità così da consegnarla all’acquirente all’atto stesso della consegna dell’immobile venduto. Si tratta, infatti, di un documento relativo all’uso della cosa venduta ex art. 1477 ult. comma c.c.. È ovvio che il suddetto obbligo non opera in presenza di una diversa volontà negoziale delle parti.- Inoltre, avendo le parti, la facoltà “nella loro autonomia contrattuale” di derogare a tale prescrizione, non potrebbe, in alcun modo, predicarsi la nullità del contratto di compravendita del bene “casa”, privo della licenza di abitabilità, in virtù di una fantomatica illiceità dell’oggetto, semmai, derivante dalla sua stessa rilevanza penale. D’altra parte, non esiste alcuna norma che imponga alle parti l’obbligo di acquisire il certificato di abitabilità prima della stipula della vendita di un immobile strutturalmente destinato ad essere abitato. Inoltre, il quadro normativo previgente alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (artt. 17 e 18) (cfr. ora d.P.R. 380/2001), sanzionava con la nullità gli atti di trasferimento di proprietà di terreni abusivamente lottizzati o di unità edilizie costruite abusivamente senza la prescritta licenza o concessione, unicamente quando da essi non risultasse la mala fede dell’acquirente, sub specie della conoscenza della mancanza di una lottizzazione autorizzata o, rispettivamente “... della mancanza della concessione” (l. 6 agosto 1967, n. 765, art. 10, comma 4 e l. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 15, comma 7).- Dunque, adottando il criterio esegetico dell’ubi lex voluit dixit, può concludersi che il trasferimento di proprietà di una unità edilizia, priva di licenza di abitabilità, non è affetto da nullità, neppure per illiceità dell’oggetto o della causa. Il giudizio di illiceità penale (e, dunque, civile) ineriva (e inerisce) solo l’attività di “produzione della cosa (lottizzazione o costruzione abusive) ovvero il suo uso (abitazione)”. Ne consegue che, dall’uso di una casa priva di licenza di abitabilità, che integra reato permanente occorre tener distinto, l’atto di trasferimento di proprietà di tale bene, “che in se stesso non presenta oggetto illecito (art. 1346 c.c.), ma che potrebbe essere risolubile per mancanza di una qualità essenziale del bene (art. 1497 c.c.) – tale da far ravvisare l’ipotesi di consegna di aliud pro alio –, ove (non) risultino specifiche pattuizioni, anche implicite, delle parti contraenti in ordine all’obbligo del venditore, o anche soltanto al termine del relativo adempimento”.- In verità, taluna dottrina censura il ricorso alla categoria dell’aliud pro alio, con conseguente risolubilità del vincolo, ritenendo il suddetto schema inidoneo ad assicurare il rispetto della normativa pubblicistica che disciplina la materia. Nondimeno, a favore della diversa opzione ricostruttiva...

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