La Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA): il parere del Ministero dell’Ambiente del 9 settembre 2010.-
La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA): il parere del Ministero dell’Ambiente del 9 settembre 2010.-
1. Premessa
Il 31 luglio 2010 è entrata in vigore la Legge 30 luglio 2010 n. 122, che ha convertito in legge, con modificazioni, il Decreto Legge 31 maggio 2010 n. 78 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.
Fra i contenuti della Legge, ha suscitato ampio dibattito (su cui siamo già intervenuti per altri aspetti in questa stessa rivista) l’art. 49, comma 4-bis, che riformula interamente l’art. 19 della Legge 241/1990 sostituendo la Dichiarazione di inizio attività (DIA), con la Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).-
2. La SCIA – segnalazione certificata di inizio attività
L'art. 19 della L. 241/1990, infatti, aveva previsto il meccanismo della Dichiarazione di inizio attività con la quale, in luogo dell'autorizzazione, l'interessato poteva produrre un'autodenuncia di inizio attività, rispetto alla quale l'amministrazione doveva effettuare i suoi controlli autoritativi entro un termine certo. L'attività oggetto della dichiarazione poteva essere iniziata decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della stessa all'amministrazione competente.-
Le nuove regole prevedono che:
a) Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell'interessato (SCIA);
b) la SCIA deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà (ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000), nonché dalle attestazioni di tecnici abilitati o dalle dichiarazioni di conformità rese dalle Agenzie per le imprese (istituite dall'art. 38 comma 4 del D.L. 112/2008), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l'avvio dell'attività. Tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Tale documentazione sostituisce anche eventuali pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive eventualmente richieste dalla legge;
c) l'attività può essere iniziata immediatamente dalla data di presentazione della segnalazione all'amministrazione competente;
d) in caso di accertata carenza dei requisiti necessari ed entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della SCIA, l'amministrazione competente adotta motivati provvedimenti con cui dispone il divieto di proseguire l'attività e la rimozione degli eventuali effetti dannosi. L'interessato può evitare tali provvedimenti conformando alla normativa vigente l'attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni. Inoltre, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, in caso di dichiarazioni sostitutive false o mendaci, l'amministrazione può sempre adottare (quindi, si ritiene anche oltre il termine di 30 giorni) i suddetti provvedimenti;
e) è fatto salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli artt. 21quinquies e 21nonies L. 241/1990;
f) al di là di tali casi e decorso il termine dei 60 giorni dalla SCIA, all'amministrazione è consentito intervenire solo in presenza di pericolo attuale di un danno grave e irreparabile per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente;
g) Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni;
h) Le espressioni ''segnalazione certificata di inizio di attività'' e ''Scia'' sostituiscono, rispettivamente, quelle di ''dichiarazione di inizio di attività'' e ''Dia'', ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia, e la disciplina della SCIA sostituisce direttamente quella della dichiarazione di inizio di attività recata da ogni normativa statale e regionale.
3. Esclusioni dalla SCIA
Sono esclusi dalla disciplina sulla SCIA i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito anche derivante dal gioco, nonché quelli imposti dalla normativa comunitaria.-
4. Il recupero dei rifiuti in procedura semplificata
La nuova normativa sulla SCIA parrebbe sostituirsi alla disciplina della dichiarazione di inizio attività presente in alcune normative di settore.-
Tra queste, in materia di gestione dei rifiuti, vi sono le “procedure semplificate” attribuite alla competenza delle Province, normate dal Capo V della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 “Testo Unico Ambientale”, tra le cui disposizioni l'art. 214, comma 9, prevede che : “Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente Capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della L. 241”.-
Le procedure semplificate sono previste in specifica attuazione dell'articolo 11 della direttiva 74/442/C.E.E. (Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 15 luglio 1975 n. 442, relativa ai rifiuti, pubblicata sulla G.U.C.E. n. L 194 del 25 luglio 1975) come modificata dalla direttiva 91/156/C.E.E., norma comunitaria che testualmente parla di casi che "possono essere dispensati dall'autorizzazione" e quindi di una "dispensa" che l'interessato può chiedere, ma può anche non chiedere.-
Tali "Procedure Semplificate", sono state recepite nel nostro ordinamento dagli artt. 31-32 e 33 del D.Lgs. 22/97 ed ora sono disciplinate dagli artt. 214-215 e 216 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.
E', altresì, intervenuto il Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio 5 aprile 2006 n. 186, che ha introdotto sostanziali modifiche al D. M. 5 febbraio 1998 contenente "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22".-
Le vigenti norme tecniche fanno ancora riferimento all'abrogato testo normativo (il D. Lgs. 22/1997), ma trovano comunque applicazione, in virtù di quanto disposto dall'art. 214 del D. Lgs. 152/2006 che, al comma 5, dispone "Sino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 (le nuove norme tecniche) relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'Ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002 n. 161".-
Lo Stato Italiano è stato, peraltro, "costretto" ad intervenire sulle norme tecniche in vigore a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea (Prima Sezione – 7 ottobre 2004) che ha sancito che “La Repubblica Italiana, non avendo stabilito nel decreto 5 febbraio 1998, sull’individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, quantità massime di rifiuti, per tipo di rifiuti, che possano essere oggetto di recupero in regime di dispensa dall’autorizzazione, è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono in forza degli artt. 10 e 11, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modifica dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE”.-
Occorre ricordare che tale Direttiva si propone di mettere un freno alla atomizzazione dei metodi di gestione dei rifiuti, introducendo un'unica disciplina in tutti gli stati membri, con l'obiettivo di mettere sotto controllo l'enorme produzione di materiali di scarto in atto nella Comunità Europea.-La Direttiva interviene con pochi articoli, ma molto chiari.-
Si vuole sostanzialmente sapere quanti rifiuti si producono e dove questi recapitano, stimolandone nel contempo il recupero ed il riciclaggio, considerate attività virtuose da incentivare e favorire nel sistema globale di gestione.-
A questo scopo con gli articoli 9 e 10 si prescrive che "tutti gli stabilimenti o le imprese" i quali svolgono attività di recupero o smaltimento di rifiuti "devono ottenere un'autorizzazione a tal fine".-
Il legislatore comunitario, nella medesima Direttiva, ha introdotto con l'art. 11 una "dispensa" dall'obbligo di autorizzazione, alla quale possono accedere determinati tipi di trattamento dei rifiuti ed a precise condizioni.-
Gli artt. 214-215 e 216 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. stabiliscono appunto quali sono tali condizioni, rispettando le quali possono essere attivati taluni trattamenti dei rifiuti in modo meno complicato, con una disciplina definita appositamente dalla Parte Quarta Capo V del citato Decreto Legislativo "Procedure semplificate".-
Le attività di gestione dei rifiuti legittimate con procedura semplificata, rappresentano pertanto una deroga alla normale procedura autorizzatoria ordinaria prevista dalla legge.-
Va ricordato, al riguardo, che il regime semplificato rappresenta, per principio generale, un beneficio, concesso dalla legge, al quale l'interessato può liberamente rinunciare, assoggettandosi, per sua scelta, alla procedura ordinaria.-
Tali attività sono semplicemente "dispensate"; dall'autorizzazione, a patto però che siano svolte esattamente come prescritto e che siano presenti i requisiti previsti per il loro svolgimento.-
Tale deroga riguarda peraltro soltanto l'autorizzazione all'esercizio dell'attività, come si evince dall'ultimo periodo dell'ottavo comma dell'art. 214 del D. Lgs. 152/06 e s.m.i., il quale testualmente recita "L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli artt. 208, 209, 210 e 211".-
Ne consegue che, laddove l'esercizio dell'attività di gestione dei rifiuti richieda un impianto per poter essere svolta, tale impianto deve essere già stato costruito e deve aver ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie per il suo funzionamento, in quanto la comunicazione di inizio attività ai sensi degli artt. 214 e 216 autorizza dopo 90 giorni l'esercizio delle operazioni comunicate, ma non certamente la costruzione e la realizzazione di impianti adibiti a tale scopo.-
Il legislatore comunitario ha inoltre inserito con l'art. 13 della direttiva citata la seguente disposizione: "Gli stabilimenti e le imprese che effettuano le operazioni previste agli articoli 9-12 sono sottoposti a adeguati controlli periodici da parte delle autorità competenti".-
E', inoltre, opportuno ricordare che:
a) le disposizioni sul recupero agevolato dei rifiuti sono caratterizzate dal cosiddetto “principio di esclusività e tassatività” previsto sia a...
... continua