QUESITO n. 416: Se è possibile denunciare per truffa e non limitarsi a chiedere le sole provvigioni a clienti che, dopo aver usufruito dell’attività di intermediazione, abbiano simulato l’abbandono delle trattive, concludendo direttamente l'affare.
QUESITO 20120405.292038 Se è possibile denunciare per truffa e non limitarsi quindi a chiedere le sole provvigioni o eventualmente un risarcimento per danni, dei clienti che, dopo essersi affidati all’agente immobiliare per la conclusione dell’affare e dopo che l’agente ha raccolto una proposta d’acquisto sull’immobile abbia simulato una non accettazione della stessa per poi concludere l’affare all’insaputa dello stesso agente.
L’agente immobiliare è una figura professionale, collocabile all’interno della mediazione, per il cui accesso è necessario il possesso di determinati requisiti, oltre che il superamento di un esame da sostenere presso le Camere di Commercio competenti per territorio, e l’assenza di causa di incompatibilità.
Invero, la figura dell’agente immobiliare è sì riconducibile alla mediazione, ma nella prassi non può negarsi che spesso l’agente è chiamato a svolgere attività che vanno oltre la mera mediazione, tanto da indurre parte della dottrina a parlare di contratto misto di mediazione e mandato.
La relativa disciplina deriva sia da quanto disposto dal Capo XI, libro Terzo del codice civile, che dalle norme di cui alla Legge n. 39 del 1989.
L’art. 1754 c.c. definisce il mediatore come colui il quale che mette in relazione, al fine della conclusione di uno specifico affare, due o più parti, dalle quali non è legato da rapporti di collaborazione , dipendenza o rappresentanza.
Quanto alla natura giuridica del contratto in esame, la dottrina che si occupata dell’argomento non è pacifica.
Alcuni autori sostengono la c.d. teoria contrattuale, secondo cui il contratto di mediazione si perfeziona al momento in cui il mediatore entra in contratto con la prima parte , dovendosi ritenere implicita l’accettazione successiva delle altre in presenza dell’attività del mediatore, ovvero quando, preventivamente, tutte le parti abbiano attribuito l’incarico anche tacitamente.
Altra parte della dottrina, in contrario, sposa la c.d. teoria non negoziale, che qualifica l’attività del mediatore quale atto giuridico in senso stretto, che s’identifica con la messa in relazione delle parti e che è fonte di obbligazioni simultanee a carico delle parti stesse. L’opera del mediatore esula da un accordo con le parti, altrimenti, se così non fosse, questi non sarebbe più libero ed imparziale come vuole la legge ed il relativo rapporto si configurerebbe non come mediazione, ma, a seconda, come mandato, commissione, agenzia, locazione d’opera.
Sembra, tuttavia, che sia il codice civile che il Legislatore del 1989 abbiano aderito alla teoria contrattuale.
Il contratto di mediazione non è un contratto solenne, pertanto deve ritenersi che il promissario acquirente ed il promittente venditore instaurano con l’agente un rapporto di mediazione con la sola accettazione di fatto dell’attività prestata dal mediatore.
In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che “Il consenso necessario per ritenere concluso il contratto di mediazione ove non sia frutto di uno specifico incarico conferito al mediatore, può essere manifestato validamente anche per "facta concludentia" come quando la parte si avvalga consapevolmente dell'opera del mediatore ai fini della conclusione dell'affare” (Cassazione civile, sez. III, 22/05/2001, n. 6963).
In virtù del disposto di cui all’art. 1755 c.c. al mediatore è attribuito il diritto alla provvigione qualora l’affare si sia concluso per effetto del mediatore medesimo.
Il codice vigente, dunque, richiede, ai fini del diritto alla provvigione, l'esistenza di un rapporto di causalità tra intervento del mediatore e conclusione dell'affare.
Anche in assenza di uno specifico incarico di vendita, laddove il venditore abbia avuto contezza dell’opera dell’agente, che ha provveduto a far visitare l’immobile ed abbia poi trasferito la proprietà dell’immobile alla persona presentata dall’agente immobiliare, deve ritenersi perfezionato l’adempimento dell’obbligazione del mediatore, con conseguente diritto alla provvigione.
Con specifico riferimento alla proposta di acquisto, è opportuno precisare che la stessa si configura come una proposta irrevocabile,in virtù della quale il promissario acquirente si vincola nei confronti del venditore, per un tempo determinato, all’acquisto dell’immobile, e per prassi, viene rilasciata una somma di denaro all’agente immobiliare a titolo di caparra confirmatoria.
La giurisprudenza sul punto ha affermato che “Una società immobiliare non ha diritto alla provvigione per la mediazione svolta ai fini della compravendita di un immobile qualora la proposta di acquisto non sia stata accettata dal venditore o in ogni caso quando l'accettazione sia intervenuta dopo il termine indicato nella proposta stessa.” (Tribunale Savona, 21/09/2004).
Nel caso che ci occupa, tuttavia, sebbene il venditore non abbia accettato la proposta di acquisto, deve riconoscersi un comportamento illecito da parte dello sesso venditore, il quale, ha successivamente stipulato il contratto di compravendita con la persona presentata dall’agente immobiliare, al solo fine di evitare il pagamento alla provvigione.
Deve, pertanto, ritenersi che all’agente immobiliare spetti il diritto alla provvigione, in quanto esiste il nesso eziologico fra l’opera svolta dal mediatore immobiliare e la conclusione dell’affare.
Sul punto, il Supremo Collegio ha stabilito che “il diritto dell’intermediario alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, pur non richiedendosi che tra l’attività del mediatore e la conclusione del contratto sussista un nesso eziol...
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