QUESITO N. 419: Cosa succede se un soggetto che ha una piccola proprietà acquistata senza agevolazioni prima casa, acquista nello stesso Comune la sua abitazione principale?
QUESITO N Cosa succede se un soggetto che ha una piccola proprietà acquistata senza agevolazioni prima casa, acquista nello stesso Comune la sua abitazione principale? Considerato che l’immobile è pignorato ed il cedente è a rischio fallimento?Può l’acquirente con tali premesse venire escluso dalla revocatori fallimentare? E nell’eventualità rivendesse a breve lo stesso immobile quale potrebbe essere lo scenario?
Una persona fisica che intende acquistare, tramite un atto a titolo oneroso, un immobile non di lusso da destinare ad abitazione principale può usufruire, al ricorrere di determinati presupposti, delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa.
Innanzitutto, è necessario avere la residenza anagrafica nel Comune ove è sito l’immobile ovvero ivi stabilirla entro 18 mesi dall'acquisto, oppure svolgere la propria attività in tale Comune. Inoltre, è necessario non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di un'altra casa di abitazione nel territorio del Comune dove si trova l'immobile acquistato, né essere titolare, neppure per quote o in comunione legale con il coniuge su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà o nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione su altra casa di abitazione acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni fiscali prima casa.
L’acquirente che intende godere delle agevolazioni di che trattasi dovrà rendere in atto le dichiarazioni relative ai descritti presupposti, così come precisato dalla giurisprudenza secondo la quale “Il godimento dei benefici fiscali concernenti l'imposta di registro per l'acquisto della prima casa è subordinato alla condizione che il contribuente nell'atto di acquisto dell'immobile manifesti la volontà di fruirne, dichiarando espressamente, pena l'inapplicabilità dei benefici stessi: a) di volere stabilirsi nel Comune dove si trova l'immobile; b) di non godere di altri diritti reali su immobili siti nello stesso Comune; c) di non avere già fruito dei medesimi benefici, secondo quanto prescritto dalla nota II bis della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (nel testo vigente a seguito del d.l. 22 maggio 1993 n. 155, conv. in l. 19 luglio 1993 n. 243) (Cassazione civile, sez. trib., 11/06/2010, n. 14120).
Una volta goduto di dette agevolazioni fiscali, non è possibile rivendere l’immobile acquistato prima che siano decorsi cinque anni dalla data dell’atto, pena il pagamento di una somma pari alla differenza tra imposta pagata e imposta che si sarebbe dovuto pagare come abitazione secondaria, maggiorata di una sanzione pari al 30% oltre agli interessi, fermo restando l’ipotesi in cui entro un anno dalla data di vendita della casa, si provveda a riacquistarne un’altra da adibire a propria abitazione.
Per maggiore completezza espositiva si precisa che si può usufruire dell’agevolazione prima casa anche nell’ipotesi in cui il cespite non sia destinato ad abitazione propria o familiare, posto che la legge richiede unicamente la residenza nel Comune e non presso l’abitazione acquistata.
A questo punto, occorre svolgere qualche considerazione per l’ipotesi che l’immobile da acquistare sia pignorato.
Partendo dall’assunto che la funzione del pignoramento è quella di vincolare determinati beni del debitore alla soddisfazione del credito per il quale il procedente agisce, e che quindi il pignoramento costituisce un vincolo giuridico, la dottrina ha a lungo discusso in ordine all’ammissibilità dell’alienazione dell’immobile de quo, in assenza di un espresso divieto, diversamente da quanto disposto dal codice dl 1865.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 2913 c.c. “non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri”.
Questa norma è stata oggetto di molteplici interpretazioni.
Parte degli autori considera detto atto di disposizione affetto da nullità; altra corrente di pensiero, lo ritiene annullabile; autorevole opinione, in contrario, è giunta a sostenere una sorta di incapacità di agire relativa.
Accanto a queste opinioni, che negano validità all’alienazione del bene pignorato, si sono sviluppate altre teorie, secondo cui il cespite ben può essere trasferito, fermo restando che circola cum onere suo, quindi gravato dal vincolo a favore dei creditori, ovvero che considerano il negozio di disposizione valido ma inefficace relativamente al soli creditori pignoranti.
Quest’ultima tesi sembra aderire maggiormente al dato normativo che dispone l’inopponibilità dell’alienazione nei confronti del creditore intervenuto nella procedura esecutiva ed è condivisa anche dalla giurisprudenza prevalente, la quale ha affermato che il “pignoramento non priva ancora il debitore della proprietà dei beni attinti dal vincolo, e quindi gli atti di alienazione o di disposizione di tali beni possono essere, secondo i casi, e se non autorizzati, inefficaci in modo relativo, cioè in confronto del creditore procedente e/o di quelli intervenuti nel medesimo procedimento e/o dell’aggiudicatario; e l’art. 560, comma 2, c.p.c. si colloca appunto in questa disciplina” (Tribunale Bari 19/02/2008).
Nel caso che ci occupa i rimedi posti a garanzia del compratore sono esclusivamente quelli derivanti dalla garanzia per evizione, in quanto l’acquirente è consapevole dell’esistenza del vincolo, pertanto non può domandare la liberazione del bene, né il risarcimento del danno, né tantomeno la sospensione del pagamento del prezzo. In senso conforme si sono espressi i giudici di merito: “Nel caso di compravendita, conclusa durante una procedura fallimentare, di bene immobile gravato da ipoteca, gli acquirenti hanno diritt, se hanno pagato il prezzo e sono a conoscenza dell’iscrizione ipotecaria, a che il venditore intervenga ex art. 1482, comma 3, c.c., in caso di evizione. Tuttavia, tale garanzia non opera se l’evizione non si è ancora materializzata e cioè non si è verificata la perdita, totale o parziale, del diritto acquistato, e neppure il pericolo di detta perdita che, nella fattispecie, trattandosi di bene gravato da ipoteca nota all’acquirente, esiste “in re ipsa” (Tribunale Orvieto, 21/11/1996).
Altra questione meritevole di approfondimento riguarda la possibilità che l’alienante venga dichiarato fallito.
In argomento si evidenzia come la legge fallimentare guarda con...
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